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Il vaccino a mRNA contro il tumore al polmone

Paolo Savio

È partita in sette Paesi la sperimentazione di un vaccino a mRNA contro il tumore al polmone non a piccole cellule. Il farmaco utilizza una tecnologia simile a quella dei principali vaccini impiegati contro il Covid e che, in effetti, era stata sviluppata inizialmente nel campo della ricerca oncologica. I risultati di questo trial di fase 1, che mira a verificare sicurezza e tollerabilità della soluzione prima ancora che l'efficacia, potrebbero segnare un punto di svolta nel trattamento di una malattia che ancora oggi è tra le principali cause di morte nei Paesi industrializzati.

Espressioni come "rivoluzionario" o "nuova era" sono già state utilizzate per parlare del BNT116, che potrebbe indurre una risposta immunitaria più potente e precisa, prevenendo anche recidive della malattia. I dati preliminari, pubblicati sul Journal for ImmunoTheraphy of Cancer, sono stati promettenti in vista di un suo utilizzo sia da solo che in combinazione con l'anticorpo monoclonale cemiplimab. Ma in ambiti così delicati, è bene tenere a mente che i tempi della ricerca possono essere più lunghi di quanto immaginiamo e che i risultati definitivi sulla sicurezza e gli effetti del farmaco non li avremo prima di gennaio 2026.

Il tumore ai polmoni non a piccole cellule. AIRTUM, l'Associazione italiana registri tumori, ha confermato che nel 2023 quella al polmone è stata la terza neoplasia diagnosticata nel nostro paese e la prima per mortalità. Lo stesso discorso si ripete nel resto del mondo dove solo nel 2020 sono state registrate 1,8 milioni di morti, con un tasso di sopravvivenza molto basso in pazienti per cui la patologia era ormai in fase avanzata. Purtroppo non si tratta di una percentuale ridotta, se consideriamo che i primi stadi di questo cancro risultano spesso asintomatici.

La tipologia non a piccole cellule è la più diffusa, arrivando a coprire quasi l'80% delle diagnosi complessive. Tra le cause principali vi sono il fumo di sigaretta, ma anche l'inquinamento atmosferico e precedenti infezioni ai polmoni.

Come funziona il vaccino. Il vaccino BNT116 è prodotto dall'azienda farmaceutica tedesca BioNTech ed è a scopo terapeutico, non preventivo come quelli a cui siamo abituati. Significa che deve essere somministrato in seguito alla diagnosi di tumore. L'obiettivo è istruire il sistema immunitario a riconoscere sei diversi marcatori comuni e rintracciabili in quasi tutti i pazienti, sebbene il cancro possa presentare mutazioni uniche in ciascuna persona, e a combattere le cellule che li presentano.

Le cellule contrassegnate da quegli antigeni saranno infatti tumorali e dovranno essere eliminate, evitando invece di danneggiare quelle sane, come accade inevitabilmente durante la chemioterapia.

I marcatori vengono descritti al sistema immunitario attraverso l'RNA messaggero, o mRNA, che in questo caso si compone di sei diversi filamenti, ciascuno dei quali codifica uno degli antigeni associati al tumore. Istruire il sistema immunitario in questo modo dovrebbe favorire inoltre il riconoscimento di quelle cellule maligne che hanno attivato meccanismi in grado di nasconderle.

Come viene somministrato. Questa fase sperimentale prevede una prima dose costituita da un totale di sei iniezioni consecutive, effettuate a distanza di cinque minuti l'una dall'altra e contenenti i rispettivi marcatori. Per le prime sei settimane, il paziente dovrà ripetere la procedura una volta a settimana. Successivamente si passerà a una volta ogni tre settimane per 54 settimane (poco più di un anno). Il vaccino sarà però sempre utilizzato in combinazione ai trattamenti già previsti, come l'immunoterapia e la chemioterapia.

Lo studio in sette paesi. Lo studio è iniziato già nel 2022 e arriverà a coinvolgere 34 centri di ricerca da sette diversi Paesi: Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Ungheria, Polonia, Spagna e Turchia. In totale, i pazienti arruolati saranno circa 130, con malattia in fase iniziale, avanzata, metastatica o con recidiva. Uno dei principali problemi di questo tumore infatti è l'elevata tendenza a ripresentarsi, nonostante trattamenti precedenti o interventi chirurgici di rimozione.

Durante la fase 2 si valuterà invece la combinazione del vaccino con l'anticorpo monoclonale cemiplimab come possibile trattamento di prima linea, cioè di prima scelta, per i pazienti con tumore metastatico.

Il primo paziente britannico. Il primo paziente a riceverlo nel Regno Unito è stato Janusz Racz, un cittadino di Londra di 67 anni che ha ricevuto la diagnosi lo scorso maggio e sta già affrontando chemioterapia e radioterapia. La sua professione, ricercatore esperto in intelligenza artificiale, lo ha ispirato a prendere parte alla sperimentazione. «Anche io sono uno scienziato e capisco che il progresso della scienza, soprattutto in campo medico, si basi sul fatto che le persone accettino di essere coinvolte in queste ricerche», ha raccontato. «Ho anche pensato che la mia partecipazione potrebbe aiutare altre persone in futuro e spingere questa terapia a diventare più ampiamente disponibile».

I primi entusiasmi tra la comunità medica. Il trial è stato avviato in un clima di speranza ed entusiasmo. Dame Cally Palmer, la direttrice nazionale della sezione di oncologia del NHS britannico ha definito questo farmaco come potenzialmente rivoluzionario per la prevenzione delle recidive.

Il professor Siow Ming Lee, responsabile clinico dello studio nel Regno Unito, ha dichiarato alla BBC che potrebbe aprirsi «una nuova era» del trattamento del cancro ai polmoni. Ma per sbilanciarsi sul serio, bisognerà attendere almeno un anno e mezzo.